martedì 30 maggio 2017

LITIGARE FA BENE

Capita in tutte le famiglie con bambini piccoli: basta un nonnulla per scatenare un litigio tra fratelli. Ed i ‘poveri’ genitori si trovano protagonisti di un arbitraggio di cui farebbero volentieri a meno; il comportamento migliore è quello di non intromettersi nelle piccole scaramucce dei figli e lasciare che se la sbrighino tra di loro.
“È insito nella natura il fatto che due fratellini litighino” esordisce Daniele Novara, pedagogista ed autore di vari libri sull'educazione dei bambini, "è la conseguenza della gelosia fisiologica dei fratelli più grandi verso i più piccoli, che sono i nuovi arrivati e, agli occhi del primogenito, vogliono ‘usurpare’ l’affetto di mamma e papà, specie se, come accade sempre più spesso, si tratta degli unici due figli, che quindi si contendono il ‘primato’.
Attraverso il litigio i bambini cercano di mettersi in mostra con i genitori al fine di ottenere il loro coinvolgimento, specie quando li vedono distratti dalle proprie occupazioni : non è un caso che i bambini litighino di più quando i genitori sono intenti a fare qualcos'altro - guardare la tv, leggere un libro o lavorare al pc - ed in particolar modo in presenza della mamma, che è colei che accorre subito al primo urlo (a differenza del papà, che di solito non si mobilita più di tanto e quindi non ‘dà gusto’ a litigare); altro momento tipico il ritorno dal lavoro, in cui il bambino reclama le attenzioni dopo tante ore trascorse lontano dal genitore.
Sono atteggiamenti esibizionistici, il cui scopo non è il litigio in sé ma proprio quello di richiamare l’attenzione e, magari ottenere il consenso della mamma.
Partendo da questi presupposti, il comportamento migliore da parte dei genitori si può riassumere in quattro punti:
Non intervenire. La tentazione di intervenire è forte, perché il litigio disturba ed i bambini urlano, piangono, si picchiano, insomma fanno di tutto per coinvolgerci;  invece è bene tenersi da parte e soprattutto evitare di cercare il ‘colpevole’, di chiedere ‘chi è stato’, perché è un atteggiamento che aumenta l’indice emotivo negativo dei figli, li fa sentire inadeguati e fa scattare un meccanismo a spirale, nel tentativo, da parte di chi è risultato colpevole, di dimostrare che non lo è;  basta solo controllare che i bambini non si facciano male, anche se è difficile che i litigi infantili sfocino in comportamenti realmente pericolosi.
Non dare la soluzione dall'alto. Al contrario di quel che pensa il genitore, i bambini hanno grandi capacità autoregolative ed hanno le competenze per affrontare da soli le proprie difficoltà:  Il litigio è uno strumento di crescita personale, una palestra di libertà, un’esperienza di contatto, che aiuta il bambino a rafforzare se stesso, gli insegna a stare in mezzo agli altri, a riconoscere i propri limiti e poi lo sprona a sviluppare strategie creative, a cercare una soluzione alternativa, che gli procuri soddisfazione e magari gli dia l’occasione per riconciliarsi con il fratello. Intervenire ‘dall'alto’ impedirebbe loro di scoprire e mettere alla prova tutte queste risorse, ostacolando il loro percorso verso l’autonomia.
Spronarli a parlarsi. A volte i genitori tendono a smorzare subito la lite perché temono che possa inasprirsi, invece devono aiutare i bambini a confrontarsi, ad esprimere ognuno il suo punto di vista ed esternare le proprie emozioni, ma sempre fra di loro, senza rivolgersi alla mamma e senza chiedere il suo parere. Ad esempio è bene dir loro: “Siete bravi a cavarvela da soli, parlatevi ma senza insultarvi, spiegate l’un l’altro che cosa è successo”. Il genitore deve insomma fare un lavoro di regia, di mediazione, ma non di arbitraggio. Altre volte il genitore tende spontaneamente a schierarsi dalla parte del più piccolo, intravedendo nel comportamento del grande un tentativo di approfittare dell’ingenuità del fratellino per accaparrarsi qualcosa in più, anche in questo caso, bisogna lasciare che i bambini trovino fra di loro un accordo ed alla fine, qualunque cosa decidano, se sta bene a loro, sta bene a tutti!
Suggellare l’accordo. L’ultimo passo consiste nel ‘suggellare’ l’accordo: si può ad esempio tenere un quaderno degli accordi raggiunti, in cui appuntare tutti i patti fatti, o scriverli su una lavagna, ma a volte i motivi del litigio sono così banali che non c’è neanche bisogno di trovare un accordo e tutto finisce lì come è cominciato!

lunedì 8 maggio 2017

EDUCAZIONE COSMICA


L' Educazione Cosmica mette i bambini in condizione di scoprire come tutto sia interconnesso: sistema solare e biosfera, evoluzione dei viventi e cultura, geografia e storia umana, scoperte e invenzioni, incontri, eventi ed esperienze di vita e comprendere che tutto ha un suo perché e nulla avviene per caso.

È un modo di apprendere che va contro il pensiero corrente, cioè che l’apprendimento avvenga in maniera lineare, un argomento dopo l’altro; è logico pensarla così se si considera l’allievo un vaso vuoto da riempire anziché una persona con la sua intelligenza, col suo sentire e le sue specifiche capacità.       
L'educazione cosmica prevede che l'apprendimento avvenga per piani, per argomenti correlati e le classi aperte insegnano a non creare solo un contenitore,ma a non avere paura del diverso, anche se limitato al sapere.                                      Dove si usano materiali sensoriali, e perciò visibili, la comunicazione trasversale attraverso le età viene aiutata e facilitata e i più piccoli non hanno paura di presentare il loro lavoro ai più grandi.

 “Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo”

Tutto questo ci porta ad analizzare il senso della comunità che non si creerà
certamente se ognuno è costretto nel suo banco, senza nemmeno guardarsi, anzi isolato nella competizione per avere i voti più alti e soddisfare le aspettative dei genitori e insegnanti; in una scuola cosmica non si creano inutili barriere e la comunità e il senso di appartenenza si apprendono naturalmente.

Sembra invece che la scuola italiana stia andando esattamente in direzione opposta: ogni bambino isolato con il suo tablet,altro che socializzazione, collaborazione e aiuto reciproco. 
 Questa foto mostra un certo bilanciamento tra lavoro in isolamento e lavoro assieme (sullo sfondo).






Non occorre però andare tanto lontano, basta pensare che ciò che a scuola viene chiamato copiare, fuori viene chiamato collaborare.
Un altro aspetto unico della scuola cosmica è l’assenza di premi e punizioni come meccanismi per motivare il bambino: lodare, punire o correggere errori sono perdite di tempo e un’interferenza col lavoro del bambino.

 Le vere motivazioni che spingono il bambino a fare sono:  
Autonomia: Sono io che scelgo cosa fare.
Maestria: Lo faccio perché lo so fare e lo so fare bene
Scopo: Mi impegno perché voglio produrre qualcosa, imparare qualcosa, costruire qualcosa.

ISOLA MAGICA condivide questa linea educativa: Educazione Cosmica, sinergia del cuore e della mente!